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Cappuccio medievale con mantellina

Il modello di cappuccio medievale che viene qui di seguito proposto è comune nell’abbigliamento maschile, specie presso il popolo, anzi quasi esclusivamente presso il popolo, per tutta la durata del Medioevo e se ne trovano tracce anche nelle fonti pittoriche dell’epoca, ma soprattutto nei reperti riportati alla luce da recenti scavi di Londra nel periodo degli anni ‘70 e '80 [1], i reperti sono stati divisi in vari cataloghi, su vari argomenti e sono stati datati al periodo di tre secoli che va dal 1150 al 1450. I reperti di cui parliamo in termini di costume sono stati raccolti e documentati nel Textiles and clothing. c. 1150 – 1450 della serie Medieval excavations finds from London:4 [2]. Si tratta infatti del quarto volume della serie nel quale sono anche stati introdotti gli studi e le ricerche fatte sui reperti tessili riportati alla luce, studi e ricerche che hanno permesso di fare delle ricostruzioni degli indumenti riportati alla luce in frammenti. Tra questi frammenti vi sono anche quelli di un modello di cappuccio medievale con mantellina.

 

Figura 1 – Ricostruzione del cartamodello di un cappuccio. Reperto n. 246 e datato alla fine del XIV secolo.

 

Gli stessi scavi hanno riportato alla luce anche un altro modello di cappuccio, molto simile al n. 246, ed è il n. 174, anch’esso datato allo stesso periodo, il XIV secolo.

 

 

Figura 2 – Modello n. 174, datato al XIV secolo.

 

Mentre nel primo modello si vede chiaramente che presenta occhielli a livello del collo, nel secondo questi occhielli mancano, ma entrambi i cappucci hanno struttura simile con una parte, quella alta e posteriore, allungata, come mostrano anche i disegni qui di seguito.

 

Figura 3 – I due modelli di cappuccio con mantellina.

 

A causa della loro forma allungata, questi tipi di cappucci vengono anche chiamati liripipes dal latino medievale liripipium [3]. A Londra sono stati trovati in tutto sei cappucci con questa struttura e analoghi frammenti sono stati trovati anche in Olanda e Scandinavia.

Il cartamodello per costumi ad oggigiorno

La realizzazione del cartamodello non è difficile ma nemmeno facile. Si procede disegnando un normale cappuccio, magari aiutandoci con una immagine come quella dei lembi ritrovati negli scavi. A computer, aiutandoci magari con un software come Visio, di progettazione, ingrandiamo l’immagine fino a triplicarla, infatti nel libro è stata inserita in rapporto 1:3. Nel testo l’immagine è lunga 15 cm e quindi nella realtà saranno 15 x 3 = 45 c (per la precisione sarebbero 45.54 cm).

Figura 4 – immagine del secondo cartamodello a computer, immagine tratta dal libro e misurata.

Si moltiplica quindi per tre e si ingrandisce fino ad ottenere la misura di poco più di 45 cm. Si può fare la stessa operazione anche per il primo modello.

 

La protuberanza dietro al cappuccio dovrebbe arrivare a circa una trentina di centimetri e una ricostruzione virtuale lo conferma, ma sembra che nella realtà fossero spesso anche molto più lunghe fino al doppio. Per riprodurre virtualmente il cartamodello e poi stamparlo nelle reali dimensioni un foglio formato A3 non basta, ce ne vogliono almeno 3. Per chi volesse stamparlo, l’ideale sarebbe usare un plotter con fogli formato A1, altrimenti si stampa in formato A4 e si ricostruisce una specie di puzzle e con la carta velina si va poi a ricalcare il disegno. In una riproduzione fedele, si consiglia la cucitura a mano con punto sorfilo e di tenere 1 cm al massimo di margine, anche nella cucitura a macchina (ma con punti piccoli, dimensioni 2-3 con filo grosso e tensione regolata di conseguenza).

Nei due modelli differenti di cui si parlava poco prima, si nota che mentre alcuni fossero aperti, sul collo, altri fossero invece chiusi e tenuti stretti da una fitta colonna di bottoni. La forma di entrambi i modelli, riprodotti anche a computer suggerisce che questi indumenti fossero piuttosto stretti, specie a livello del collo e ciò suggerisce una possibile funzione anche termo-protettiva del cappuccio.

Nel secondo modello in particolare, in figura viene mostrato che nella parte dietro del collo vi fosse una giuntura che è stata ritrovata però scucita. In inglese, il termine che si trova anche nel settore tessile è seam e in questo caso si parla di back seam con riferimento ad una giuntura che ha lo scopo di riprendere le sagome anatomiche, in questo caso quello del collo e viene cucito al centro di due lembi. Probabilmente il modello originale aveva un lembo di forma trapezoidale, dovendo anche riprendere una parte del collo.

 

Figura 5 – Cartamodello ricostruito virtualmente, si vedono in rosa, nella linea un po’ più spessa le parti che vengono assemblate.

Il cartamodello si può però riproporre come un unico pezzo come nella figura che segue, dove è un unico pezzo.

 

Figura 6 – Ricostruzione virtuale della giuntura e a destra, lembo di tessuto che andrebbe dietro al collo.

 

Il primo modello di cappuccio, quello “quadrato” è senz’altro quello più diffuso anche oggi nella realizzazione di riproduzioni per rievocazioni storiche.

Tessuti e colori

In accordo con le fonti storiche, a partire dal XII secolo per questo tipo di indumento o accessorio, se vogliamo essere più precisi, il tessuto più usato era il lino. In inglese si trova la descrizione tabby wave in riferimento alla particolare trama del tessuto che in italiano viene definito come tela. Inoltre mancano riferimenti alla realizzazione di simili accessori e quindi cappucci con tessuti alternativi al lino come lana o canapa. Quanto ai colori per figure del popolo si consigliano colori grezzi, spenti o colori della terra: beige, marrone, nero, grigio mentre per figure più elevate si possono e quanto al tessuto meglio lino o canapa, ma anche di lana va bene.

 

 

Figura 7 – La trama del tessuto, dove i fili si intrecciano tra di loro. Il filo usato è solitamente di fattura grossolana nei ritrovamenti archeologici.

Oggi questo tipo di ordito, fatto con appositi macchinari e fili sottilissimi è usato anche nella produzione di chiffon, organza e taffettà.

 

Per figure nobiliari dove questo cappuccio presenta anche i merli nel bordo si possono usare tessuti come velluto e seta in tinta con il costume che deve indossare un potenziale figurante. Nel testo Patterns for Theatrical Costumes. Garments, Trims, and Accessories from Ancient Egypt to 1915 di Katherine Strand Holkeboer il cappuccio con il liripipe viene raffigurato così:

 

Figura 8 – Immagine tratta dal Patterns for Theatrical Costumes. Garments, Trims, and Accessories from Ancient Egypt to 1915 di Katherine Strand

 

Per cappucci di questo genere, a volte li si vede anche in due colori, ma era probabilmente in uso per figure goliardiche come i giullari e gli attori di teatro, mentre per le figure nobili si consiglia di usare un unico colore, in tinta con quello del costume.

Fonti bibliografiche

Fonti dei testi e delle immagini

  • Patterns for Theatrical Costumes. Garments, Trims, and Accessories from Ancient Egypt to 1915 di Katherine Strand, Drama Publishers ed., 1993 - 350 pp.
  • The medieval tailor assistant (making common garments 1200 – 1500), Sarah Thursfield – Costume and Fashion Press, 2001, 224 pp.
  • Manner custom and dress during the Middle age and the Reinassance period, di Paul Lacroix, NY Appleton and Co. ed. 1874 – 660 pp.
  • Textiles and clothing. c. 1150 – 1450. Medieval excavations finds from London: 4 di Elisabeth Crowfoot, Frances Pritchard and Kay Staniland. Museum of London, ed. 2001 – 256 pp.
    • Note

    [1] I reperti sono stati catalogati solo di recente e pubblicati per la prima volta in un libro nel 2001.

    [2] Textiles and clothing. c. 1150 – 1450. Medieval excavations finds from London:4 di Elisabeth Crowfoot, Frances Pritchard and Kay Staniland.

    [3] In italiano non esiste una traduzione specifica. Il termine liripipes venne coniato in Inghilterra nel XIV secolo e fa riferimento in particolare al lembo che pende dal cappuccio. Questo lembo era solitamente corto, arrivando a circa 30 cm ma in alcuni casi poteva anche essere il doppio.

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