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I costumi della Maestà della Battaglia per il Corteo Storico Matildico DI Quattro Castella 2018

Indice

Realizzazione dei costumi

Cos’è la Maestà della Battaglia

Il Corteo Storico Matildico e la sua tradizione

Riconoscimenti e collaborazioni

Fonti bibliografiche


Realizzazione dei costumi

I due costumi sono frutto di un lungo lavoro durato circa due mesi e che cerca di mettere insieme le esigenze della coerenza storica, necessaria in rievocazione, con le esigenze scenografiche e dei committenti per la funzione dei costumi da realizzare, una coppia nobiliare non abbinata ma abbinata nei colori, ma abbinabile. In epoca altomedievale non vigeva l’obbligo, spesso credenza comune errata nell’ambiente rievocativo, di fare costumi per coppie abbinati con gioco di inversione colori tra maschio e femmina. Esistono rari casi con precisi pesi simbolici, come nel caso del Vita Mathildis (BAV, Lat. 4922) e in quelli degli armoriali del XV secolo in Francia (Armorial d'Auvergne, BnF Français 22297). Ogni costume è stato realizzato a sé indipendentemente dall’altro, come se fossero due commissioni distinte.



Schema costume maschile con scarsella e mantello


I costumi sia maschile sia femminile sono stati realizzati utilizzando schemi di taglio e modelli riferibili sia all’iconografia del XI e XII secolo (in particolare il Vita Mathildis, Cod. Vat. Lat. 4922), sia alle esigenze della rievocazione storica odierna. Sono inoltre stati consultati manoscritti antecedenti come i manoscritti tedeschi del Tesoro carolingio, quali in particolare il Codex Aureus (BSB Clm 14000, Bayerische Staatsbibliothek, IX secolo) e alcune miniature dei volumi 1 e 2 della Biblia Sancti Petri Rodensis (Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Latin 6, , folio 73r e 89r, 99r per Vol. 1 e 1r, 2v, 5r, 48r e 63r, 75r per Vol 2), del X secolo al quale fanno riferimento anche alcune miniature dello stesso Vita Mathildis nella rappresentazione degli avi di Matilde. Il costume maschile in particolare è stato progettato interamente in scala ridotta, utilizzando come riferimento i tessuti acquistati e soprattutto per definire il preciso taglio del collare, in modo da garantire una perfetta simmetria dei motivi ornamentali del tessuto. A tal fine si è ricostruito il pattern ornamentale del tessuto in modo da garantire una precisa corrispondenza del taglio una volta riprodotto lo schema su tessuto. Dunque prima è stato ricostruito il tessuto in scala con le misure acquistate e successivamente è stato tagliato il tessuto.


Sono stati utilizzati materiali e tecniche coerenti in entrambi, in particolare tessuti di lino e lana per le vesti maschili e un tessuto in seta grossolana purpurea per la veste femminile e pura seta color naturale per il velo. Il taglio della veste maschile richiama alla dalmatica[1] in uso nell’Alto Medioevo, con manica a metà braccio e grosso collare in tessuto contrastante marrone ed oro. Per questo è stato utilizzata una replica fedele di un tessuto coevo il cui originale oggi è custodito presso la Cattedrale di Worms, di probabile origine vichinga o nordica e non strettamente tedesca. Orli ed applicazione del collare e della decorazione a bordo manica, nel costume maschile, sono stati realizzati interamente a mano. Caratterizza la tunica lo spacco frontale in uso nel Medioevo, alternativamente posto anche ai lati che serviva probabilmente per agevolare i movimenti, specie durante le cavalcate. Sempre interamente a mano è stato realizzato il mantello e l’applicazione a doppia fila di passamanerie che richiamano i motivi ornamentali romanici locali e non solo, del periodo XI e XII secolo. Completa il costume la scarsella con passante da applicare alla cintura realizzata in parte a mano e in parte a macchina, con applicazione del motivo ornamentale oro su fondo marrone ricavato da ritagli del tessuto replica; chiude la scarsella un laccio in vera pelle di cervo.


Le imbastiture sullo scollo, con motivi disposti simmetricamente del tessuto di Sartor.


Dettagli della cucitura a mano con cui lo scollo è stato fissato alla stoffa


 

Gomitolo di grossa seta grezza per la realizzazione dei passanti interni dei lacci della tunica superiore. Si possono notare le cuciture a mano che fermano il tessuto superiore. Dettaglio passante a mano.


Interno passanti e lacci


Il famoso 'gusset' che in realtà nel taglio è un quadrato ad altezza dell'incavo manica e piegato in diagonale. Nel XI secolo ancora non era stato definito il taglio come lo conosciamo oggi, successivo infatti al XIII secolo.


Il mantello è stato cucito interamente a mano


La passamaneria applicata al mantello, anch'essa interamente a mano è stata acquistata presso Mediapont Arte Tessile (RE). La passamaneria è stata fissata con una doppia cucitura a mano che fissasse gli anellini in modo compatto.


Il dettaglio interno. Purtroppo la foto è venuta sfocata, ma qui abbiamo messo anno, artigiano e committente





 




Costume femminile

Schema del costume femminile con velo e scarsella


Prove per fissare le passamanerie


Cucitura inglese. Tutte le parti a vista del costume sono state cucite con cucitura inglese e fermate a mano per creare l'effetto di un capo privo di un rovescio, specie la manica svasata.


Un lungo lavoro a mano...la preparazione della passamaneria viene sempre fatta tutta a mano prima di ogni cucitura


 



 

Prova su manichino con manicotto inferiore a vista.


 

Dettagli passamanerie sulle maniche, i clavi.

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Dettagli interni, la cucitura inglese senza dritto e rovescio della manica svasata con manica inferiore. Dettagli della manica inferiore.


Veli delicati. Realizzato interamente a mano in tessuto di seta.



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La veste femminile è stata ricavata da cartamodello per ricavare una veste con ampia manica svasata e clavio a circa metà braccio, realizzato con passamaneria alta e lo stesso motivo, più basso, è stato invece utilizzato per bordare maniche (cucite con orlo nascosto) e scollo. Completa la veste un velo in seta cucito interamente a mano di forma semicircolare, cinto da una bordura di passamaneria. Una seconda corona con nastro in seta avvolto su benda di lino e fermato a mano e cinto da una passamaneria oro è stato realizzato quale alternativa al primo tipo di corona in tessuto per cingere il velo. Il velo, in pura seta color naturale, di forma semicircolare è stato tagliato a circa ¾ di metro in modo da non farlo eccessivamente lungo né eccessivamente corto ed è stato realizzato interamente a mano con sottopunto a vista sul dritto. Completa la veste la scarsella del medesimo tessuto, ornata con un piccolo ritaglio della passamaneria alta del clavio e realizzata in parte a mano, anch’essa con laccio in vera pelle di cervo.


Cos’è la Maestà della Battaglia

Maestà della Battaglia è un nome che racconta una storia, anzi due: l’Associazione che prende il nome dalla Madonna della Battaglia e la Chiesa della Madonna della Battaglia eretta per volere di Matilde dopo il 1092, in segno di ringraziamento alla Vergine per una battaglia vinta, malgrado le forze inferiori, contro l’Imperatore Enrico IV.


L’associazione

Maestà della Battaglia è il nome dell’Associazione per cui sono stati realizzati i due costumi, un’associazione cresciuta molto negli anni, fondata nel 2008 e che ha un organico piuttosto ampio di attività, in particolare le attività dedicate al Tiro con l’Arco storico (con partecipazione a tornei) e il corpo sbandieratori (con esperienza a livello di campionati italiani Fisb, la Federazione Italiana Sbandieratori), oltre al gruppo costumanti – Corteo Storico Matildico – e il gruppo che realizza gli spettacoli di fuoco. Si tratta di un bel gruppo unito, specie dalla passione e con un forte spirito di competizione e maturazione, specie nel settore della Rievocazione storica, che nel territorio reggiano è legatissima alla figura di Matilde di Canossa.


Maestà, fede e battaglie

Risultati immagini

La Chiesa della Madonna della Battaglia, Quattro Castella, RE


Maestà della Battaglia però è anche una frase legata ad un evento storico, realmente accaduto in territorio reggiano, durante la vita di Matilde. La Maestà [2] nel nostro Appennino rappresenta una chiesetta in miniatura, delle dimensioni di un altare per dare un’idea e dedicate alla Vergine, solitamente. Lo scopo esatto non è certo, in montagna e nelle zone un po’ più isolate avevano probabilmente una funzione protettiva di invocare il divino e al contempo di Evangelizzazione della popolazione. Il termine stesso ‘Maestà’ in realtà è molto più amplio e complesso. A partire dal Duecento erano chiamate ‘Maestà’ le opere dedicate alla Vergine con bambino [3]. Nei secoli successivi il motivo della Madonna in trono continuò ad essere praticato, anche se ormai si facevano sempre più rare le rappresentazioni isolate, diffondendosi un tipo di scena con Maria al centro e due o più santi ai lati, coinvolti in rimandi incrociati come se stessero conversando tra loro: si parla allora, dal Quattrocento in poi, di Sacra conversazione. Secondo Treccani nell’iconografia cristiana, la locuzione « indica la rappresentazione della figura di Cristo, vista frontalmente, seduta in trono, recante gli attributi della sua potenza, secondo un motivo costituitosi fin dal IV sec., in analogia con le figurazioni imperiali di quel tipo, ed esteso più tardi alla Vergine. Nel Medioevo, si dissero maestà i tabernacoli delle vie e le pale d’altare che recavano il motivo della figura sacra vista frontalmente e rappresentata con gli attributi della sua potenza». È probabile dunque che le origini della Maestà di Bianello, oggi del comune di Quattro Castella, siano proprio queste. La Maestà fu eretta infatti in onore alla Vergine per una battaglia vinta da Matilde proprio a Bianello nello scontro con le forze imperiali, nel 1092, contro Enrico IV. La cronaca, al di là delle leggende, narra di una battaglia tenuta tra gli odierni San Polo e Grassano, Bianello [4] situato in posizione strategica. Enrico IV era in superiorità numerica ed era certo di poter sbaragliare il nemico, malgrado territorio sconosciuto e posizione delle truppe matildiche, ma aveva fatto male i suoi conti. Fu proprio il fatto di non conoscere il territorio, rispetto alle truppe matildiche e, dicono le fonti, grazie ad una fittissima nebbia, che ebbe la peggio, tanto più che il nemico, conoscendo il territorio poteva facilmente aggirare l’Impero arrivandogli alle spalle. La nebbia sarebbe stata un intervento divino (per cui la grazia di Dio e della Vergine), ma non è da escludere che, proprio perché era ‘in casa sua’ Matilde e i suoi comandanti, conoscendo il territorio, sapessero come chiedere un aiuto esterno e stringere così il nemico in una morsa pericolosa, dove la legge dei più numerosi cessava di valere. Non si hanno troppe notizie su quella battaglia, mentre se ne hanno sulle vicende successive di quella Maestà. Su quel punto fu eretta successivamente una Chiesa, tutt’ora esistente e che prende appunto il nome di Chiesa della Maestà della Battaglia o Chiesa della Madonna della Battaglia che subì nei secoli numerose distruzioni e ricostruzioni; la più importante e secondo il gusto dell’epoca risale al 1724 (come attesta la data riportata nella facciata, sulla base delle fondamenta più vecchie) e qui sarebbero avvenuti addirittura alcuni miracoli, per cui ancora maggior era il bisogno di costruire una chiesa, una usanza comune nel Medioevo, ma anche dopo. Un ulteriore intervento, non del tutto chiaro essendoci solo una data, è della seconda metà del XIX secolo.


Il Corteo Storico Matildico e la sua tradizione

Il Corteo Storico Matildico non nasce in epoca medievale ma è una manifestazione a carattere storico, con obiettivi di divulgazione oltre che ricreativa (come del resto dovrebbe essere la rievocazione [5]), nata nel 1955 a Quattro Castella, in territorio reggiano e nel cuore dei territori matildici. Quattro Castella e poche altre città, sempre del comprensorio reggiano tra pianura e Appennini, considerando alcune città come Frassinoro nel modenese, sono le sole in Italia a celebrare una figura storica come Matilde di Canossa che altrimenti rimarrebbe ai più sconosciuta. La manifestazione è stata interrotta solamente dal 1972 al 1984 e nel 2015 ha festeggiato i 50 anni insieme ai 900 dall’anniversario della morte di Matilde avvenuta nel 1115.


La manifestazione, che si tiene ogni ultima domenica del mese di maggio, celebra un evento storico e di una certa importanza e risonanza politica dell’epoca, avvenuto proprio nei pressi di Bianello: il ripristino dei feudi matildici, il termine ‘re-infeudamento’ non è correttissimo, da parte di Enrico V, figlio di Enrico IV, a Matilde di Canossa. Questo riconoscimento in realtà aveva una doppia valenza simbolica, specie in ambito politico perché Enrico V, dopo aver costretto il padre ad abdicare ed essere salito al trono, ne aveva in un certo senso seguito la politica, a modo suo, per farsi riconoscere imperatore legittimo e quindi farsi forte dall’altra parte delle alleanze politiche tedesche ed estere, ma anche per ripristinare quella situazione da cui tutto era iniziato e che coinvolgeva la figura imperiale nell’elezione del candidato al soglio petrino. Enrico V era consapevole del ruolo di Matilde nella mediazione col padre, della sua posizione tra incudine e martello e soprattutto sapeva della strategica posizione dei territori fedeli a Matilde che si trovavano tra lui e il soglio di Pietro, per cui anche scendere a Roma non fu facile, tuttavia vi riuscì. Qui la posizione di Matilde non è mai stata del tutto chiara, forse su consiglio [6] di Enrico V, forse per qualche risentimento personale nei confronti della Chiesa, o forse per ragioni che sono più ipotesi lecite che pensieri messi nero su bianco, Matilde non fece nulla per fermare l’avanzata dell’Imperatore. Dopo un assedio a Roma, che costrinse il Papa a rivedere la sua politica, l'incoronazione di Enrico fu celebrata il 13 aprile in San Pietro e successivamente egli fece ritorno in Germania, fermandosi proprio a Bianello. Qui entra in gioco la rievocazione che ogni anno si tiene nel campo e che coinvolge fino a 1000 figuranti con compagnie provenienti anche da fuori. La rievocazione consta della ricostruzione, per quanto possibile e basata sul Vita Mathildis di Donizone, dell’incontro tra Enrico V e Matilde e del suo riconoscimento con ripristino dei feudi pignorati e quella che secondo alcuni fu una ‘incoronazione’ di Matilde a Viceregina d’Italia. In vice regis, in realtà potrebbe essere stata semplicemente una formula, più di carattere giuridico e sulla quale Donizone non ha fatto realizzare o realizzato di suo pugno alcuna miniatura, interessante testimonianza di quel momento. Di fatto la Corona d’Italia rimase annessa a quella imperiale, nuovi tempi si affacciavano sull’Italia che vedeva nascere i primi Comuni. Matilde fu concretamente reinvestita del ruolo che aveva avuto suo padre prima di lei quando ancora non si era attirato l’odio di Enrico III. Ogni anno i due cortei, quello di Enrico V e di Matilde sono fatti entrare da due opposti punti del campo, a cavallo, dove poi i due personaggi (interpretati solitamente da attori) si incontrano.


In genere la scaletta dell’evento prevede un ingresso dei due cortei e dei gruppi di rievocazioni ospiti, con incontro al centro del campo tra i personaggi. Dopo si tiene una tradizione, molto bella, che consiste nel presentare alla figura di Matilde l’ultimo bambino nato. A quel punto avviene la sfida tra le contrade. In realtà la sfida è divisa in due parti, con due corpi distinti: La Quintana dell’Anello, fatta a cavallo e la lotta sul ponte. Il ricavato della rievocazione è devoluto in beneficienza, un’iniziativa molto buona che si spera incoraggi il pubblico a partecipare numeroso in modo sano, utile e socialmente responsabile.


Riconoscimenti e collaborazioni

Le passamanerie sono state acquistate presso Mediapont Arte Tessile di Carleno di Sant'Ilario d'Enza (RE), laboratorio artigianale di sartoria, specializzato nel taglio storico, che ha realizzato costumi per il Palio di San Secondo Parmense e che nel 2017 ha visto sfilare il costume di Enrico V nel Corteo Storico Matildico: https://www.facebook.com/media/Enrico V. Mediapont commercia anche tessuti, passamanerie e accessori per il costume storico e la rievocazione.

Sito: http://www.mediapont.it/

Social: https://www.facebook.com/Mediapont-Arte-Tessile-1503543859970347/


L’Associazione ‘Sbandieratori e Musici Maestà della Battaglia” ha sede a Quattro Castella e per info e contatti si segnalano i link: http://www.maestadellabattaglia.it/ e la pagina fb: https://www.facebook.com/sbandieratorimaestadellabattaglia


Ringraziamenti

Un sentito ringraziamento va ad Angela, Mariella e Mauro dell’Ass. Maestà della Battaglia per avermi affidato l’incarico della realizzazione di questi due costumi, che con orgoglio ho visto sfilare in Corteo.


Fonti bibliografiche

Oltre ai manoscritti citati:

· Norris, H. (1924). The Evolution of European Dress through the Earlier Ages. New York: Dover Publications.

· Norris, H. (1931). Costume & fashion. The evolution of European dress through the earlier ages. London and Toronto: J. M. Dent & Sons LTD.

· Norris, H. (1998). Medieval Costume and Fashion. New York: Dover Pubblications.

· Norris, H. (1999). Ancient European Costume and Fashion. Dover Publications.


Note

[1] Vedere riferimenti bibliografici dei manuali utilizzati

[2] In origine sembra che fu eretta solo una statua dedicata alla Vergine, oggi probabilmente andata perduta a causa delle distruzioni e ricostruzioni nei secoli.

[3] Si ricordano quelle di Coppo di Marcovaldo, di Cimabue e di altri pittori dell'epoca. dipinsero importanti Maestà gli artisti del rinnovamento come Giotto, Duccio di Buoninsegna, Simone Martini.

[4] È l'unica fortificazione rimasta in piedi dei quattro torrioni che già nell'VIII secolo si collocavano allineati sui quattro colli, partendo da ponente, Monte Vetro, Bianello, Monte Lucio e Monte Zane (anche Monte Zagno o Mon Giovanni), che attualmente sovrastano il paese di Quattro Castella.

[5] Oltre al contesto storico, la gente deve imparare e divertirsi perché se si presenta al pubblico una realtà nuda e cruda senza preparare un certo contesto, organizzare le cose in un certo modo, si rischia di cadere nei luoghi comuni che i Romantici hanno faticosamente creato per fare del Medioevo un’epoca oscura. Inoltre si rischia di deteriorare una tradizione e annoiare il pubblico stesso.

[6] Più che consigli, a quei tempi, i termini corretti erano ben altri, è lecito ipotizzare che Matilde temesse di perdere definitivamente, anche a causa della sua avanzata età, i pochi appoggi e vassalli fedeli che le restavano e che Enrico non si sia fatto eccessivi scrupoli ad alzare i toni o a fare proposte diplomatiche a cui la Chiesa non poteva fare facilmente una controfferta e inoltre Matilde aveva certamente interesse nella pace, verso cui la Chiesa da lei sostenuta sembrava non tenere, malgrado la continuità dell’opera ildebrandina di Gregorio VII da parte di Pasquale II.

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