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Il costume femminile al tempo di Matilde di Canossa (XI-XII sec.)
Indice
Presentazione del periodo storico
Il costume femminile tra XI e XII secolo
Presentazione del periodo storico
Il periodo in cui visse Matilde di Canossa è un periodo storico che può essere inquadrato nell’intervallo di tempo che va dalla metà del XI secolo agli inizi del XII. Di questo periodo sfortunatamente non si hanno molte fonti italiane, non in termini di manoscritti miniati, la maggior parte dei documenti locali modenesi, reggiani e lombardi dell’epoca sono per lo più carthae, ossia documenti relativi a concessioni, donazioni, costruzioni di abbazie, contratti. Il periodo di dominio dei Canossa non fu per i territori governati quello che può definirsi un periodo di rinascita e di gloria, specialmente in campo artistico poiché l’unico manoscritto miniato locale che documenta questo periodo un po’ nei dettagli e che mostra i personaggi che furono i protagonisti storici (e quindi i costumi) è il Vita Mathildis (Acta Comitissae Mathildis) di Donizone di Canossa [1] del quale esiste una copia trecentesca custodita oggi presso la Biblioteca Panizzi di Reggio Emilia mentre l’originale miniato a colori del XII secolo è custodito all'interno della Biblioteca Vaticana e fu riprodotto in facsimile nel 1984 [2]. Su questo manoscritto sono stati compiuti diversi studi che insieme ad altre fonti scritte [3] hanno permesso di ricostruire gli eventi del periodo storico che va dal regno dell’Imperatore Corrado II, a cui successe Enrico III il Nero fino all’ascesa a trono di Enrico V e bisogna aggiungere che la maggior parte delle fonti sono così faziose e contradditorie che diventa anche difficile, specie nelle questioni private talvolta accennate dai cronisti, fare conclusioni o ipotesi obiettive. Certamente in questo periodo gli investimenti in denaro furono impiegati più che nella promozione culturale e produzione libraria in quella militare e in donazioni per la costruzione di abbazie e chiese [4] [5] e questo è dimostrato sia dalle poche fonti suddette sia dalla mancanza di una produzione di codici miniati locali.
Poco dopo il Mille e nel periodo di storia che fu coperto dalla sanguinosa e disastrosa Lotta alle Investiture, di cui Matilde fu protagonista e mediatrice, sembra che la produzione libraria in Europa entrò nuovamente in crisi, almeno per quanto riguarda la produzione di codici miniati [6] e questo è anche probabilmente dovuto al fatto che, dopo la morte di Carlo Magno, ebbe inizio la fine della ripresa e del suo grande sogno di unità cristiana. Dopo la morte dell’Imperatore e la spartizione del suo impero, nell’arco di poche generazioni si formarono almeno due distinti blocchi che comprendono l’attuale Francia e le attuali Germania e Nord Italia; queste ultime due costituivano un nuovo Impero tedesco che stava unito a malapena, e già poco dopo il Mille ebbero inizio le prime lotte intestine tra i principi tedeschi cui seguirono le rivolte dei paesi che, costituitisi comuni, volevano essere indipendenti da legami di vassallaggio [7], specialmente in Italia, senza contare il fatto che si arrivò ad un punto in cui la stessa corona di Italia fu riassorbita dall’Impero tedesco e fu riassegnata solo nel 1111 da Enrico V a Matilde di Canossa. Il brevissimo regno di una delle donne più potenti del Medioevo italiano cessò di esistere appena quattro anni dopo, e di quanto restava dei suoi possedimenti fu spartito tra Impero e papato e in parte andò anche perduto.
Una più attenta e complessiva analisi della produzione libraria nel mondo conosciuto allora, sembra invece smentire la specie di crisi culturale si abbatté nuovamente sul continente euroasiatico perché in realtà la lista di manoscritti miniati è ben più lunga di quella elencata in nota, ma non si hanno come nei secoli precedenti e successivi manoscritti commissionati dai Canossa o per essi realizzati, almeno manoscritti miniati perché sarebbero stati un’importante testimonianza dei costumi dell’epoca. Il periodo di dominio canossiano fu un centro attorno al quale ruotò almeno metà di un secolo di storia e oltre al Vita Mathildis non esistono altri manoscritti in cui la margravia o la famiglia siano rappresentati durante la loro vita. Esistono almeno due manoscritti redatti almeno quindici anni prima della nascita di Matilde e dedicati alla famiglia imperiale tedesca da cui discendeva per parte di madre: si tratta di due manoscritti documentati con i nomi di Pericopio di Enrico III (Universitätsbibliothek Bremen, Ms. b. 21) e Evangeliario di Enrico III (o Codex Aureus di Speyerer, El Escorial, Real Biblioteca, Cod. Vitrinas 17) datati tra il 1030 ed il 1050 e le cui miniature rappresentano l’Imperatore e la sua famiglia. Le fonti tedesche attestano però almeno una dozzina di manoscritti imperiali redatti durante il regno di Enrico III, personaggio che insieme ad altri della famiglia imperiale non vengono però rappresentati dal Donizone, eccezion fatta per Enrico IV nella scena del Perdono di Canossa, quasi che il monaco volesse far pentire di tanta arroganza l’ormai vecchio e abbandonato Imperatore, anche nel suo manoscritto. Anche Enrico III, il tiranno che avrebbe sequestrato dopo la morte di Bonifacio di Canossa, la moglie e i figli, non viene rappresentato e le fonti imperiali hanno fatto altrettanto. Quello che si vede oggi è un riuscito tentativo dei due grandi partiti di volersi fare una guerra «fredda» e silenziosa attraverso la scrittura e l’arte della miniature, quasi a volersi cancellare a vicenda come a negare l’uno l’esistenza dell’altro. Ancora, il Donizone non rappresenta la scena dell’incoronazione di Matilde, un evento storico di non poca importanza [8].
Figura 1 – L’Imperatrice Gisela (Gisella), consorte di Corrado II e madre di Enrico III il Nero, nonché zia materna di Beatrice di Lorena e quindi prozia di Matilde di Canossa. I costumi rappresentati non differenziano sostanzialmente da quelli dei manoscritti di epoca carolingia e ottoniana: il mantello viene sempre portato su una spalla come la clamide greca e la tunica maschile tende ad essere corta fino al ginocchio mentre in testa non viene indossato nulla. Le donne invece, inclusa l’Imperatrice indossano delle vesti lunghissime dalle maniche un poco svasate da cui spunta la sottoveste a polso stretto mentre in testa viene indossato un ampio velo che in alcuni casi copre quasi come un mantello. Pericopio di Enrico III (Universitätsbibliothek Bremen, Ms. b. 21), folio 3r. Fonte immagine: Wikipedia [9]
Figura 2 – L’Imperatore Enrico III e la moglie Agnese di Poitou nel Evangeliario di Enrico III (o Codex Aureus di Speyerer). Ancora si riconosce lo stile dei manoscritti ottoniani e anche i costumi sono rappresentati come nel Pericopio di Enrico III. La tunica maschile in questo caso presenta i galloni in uso già in epoca carolingia [10] che però nelle epoche successive furono adottati anche in altre parti del vestiario come le maniche, precisamente ad altezza dell’avambraccio e sui polsi. Il gallone era ricamato e poteva essere realizzato anche con tessuto diverso da quello dell’abito e cucito in seguito. Il mantello invece era sempre portato su di una spalla e chiuso con una fibula, alla maniera bizantina anche se è più corretto parlare di clamide greca. Il vestiario femminile è anch’esso simile a quello rappresentato nel Pericopio: ampie maniche lunghe e un lungo velo che copre il capo. Evangeliario di Enrico III (o Codex Aureus di Speyerer, El Escorial, Real Biblioteca, Cod. Vitrinas 17). Fonte immagine: Wikipedia [11]
Dopo la morte di Matilde la corona d’Italia fu ancora una volta annessa a quella germanica e così fu anche dopo la battaglia di Legnano del 1176 fino al 1530. Esistono alcuni manoscritti miniati che rappresenterebbero l’imperatore Enrico IV e il figlio Enrico V e uno di questi è ospitato presso la Parker Library Ms. 373, fol. 83r) [12], ma nemmeno nei manoscritti germanici vi sono rappresentazioni della riappacificazione dell’Impero e del Papato o rappresentazioni di Matilde. Sembra proprio che vi fu il preciso intento di cancellare quella temibile avversaria dell’Impero dalla memoria del mondo e dai libri. La mancanza di fonti locali specifiche dell’epoca matildica costringe a servirsi di fonti diverse, in particolare i manoscritti suddetti, ma anche alcuni esemplari datati al X secolo [13], quando esisteva già la dinastia degli Attoni (o dei Da Canossa) di cui Matilde era l’unica e l’ultima erede.
Figura 3 – Enrico IV passa al figlio la corona e quindi il regno. Miniatura tratta dalla Cronica di Ekkehard von Aura di inizi XII secolo. Il manoscritto è custodito presso la Staatsbibliothek di Berlino, Cod. Lat. 295, fol. 99r. Fonte immagine: Wikipedia [14].
Il costume femminile tra XI e XII secolo
Mancando completamente fonti iconografiche, pittoriche ed artistiche, eccezion fatta per il Vita Mathildis di Donizone non è possibile stabilire con assoluta certezza come vestisse questa donna né le donne del suo tempo e nell’area geografica modenese e reggiana [15], seppure le biografie su di lei redatte, incluso il testo di Edgarda Ferri, sembrano confermare le caratteristiche del costume europeo mostrate già nei manoscritti stranieri (francesi e tedeschi soprattutto) dei secoli dal IX all’XI, talvolta con qualche variazione. Le miniature di Donizone sono da ritenersi abbastanza valide, seppur un poco rozze, anche dopo il confronto con altre fonti dell’epoca, perché non è giusto soffermarsi esclusivamente su questo testo, che di fatto nulla ha di diverso o peculiare nella rappresentazione dei costumi, rispetto ad altri testi della stessa epoca. Anche la mancanza di fonti tessili locali dell’epoca matildica costringe a dovercisi per forza riferire ai reperti tessili di diversa provenienza, dei secoli X, XI e XII, di cui talvolta sono esposte online le immagini. Sia presso il Metropolitan Museum di New York sia presso il Victoria & Albert Museum, la maggior parte dei reperti tessili dell’epoca in cui vissero Matilde e i suoi avi non è di origine italiana, ma orientale, specialmente i frammenti di seta che sono per la maggior parte dei casi di produzione islamica o bizantina, mentre in altri casi la preziosa fibra è intessuta insieme alla lana e altri reperti sono invece in lino. La maggioranza di questi reperti presenta una decorazione nella trama che riproduce quasi sempre o motivi geometrici (nel caso dei manufatti islamici) o immagini speculari, geometriche e simmetriche di animali e motivi fogliari poiché le figure di Santi o scene tratte dai Vangeli sono generalmente ricamate. Difficilmente si trovano elementi semplici in tinta unita [16].
Figura 4 – Frammento di seta di presunta origine iranica o turca datata tra VIII e IX secolo, realizzato probabilmente durante la dinastia Sasanide. Il manufatto è custodito presso il © Victoria & Albert Museum [17]
Figura 5 – Tessuto in seta datatto XI-XII con aquila bicipite su fondo oro, di fattura islamica, provenienza spagnola. Il manufatto è custodito presso il © Metropolitan Museum of Art di New York [18]
Nel manoscritto e nelle miniature di Donizone non sono invece presenti troppe decorazioni negli abiti e nella trama dei tessuti, se non qualche gallone intorno ai bordi per le figure di rango più alto tra cui la stessa Matilde; in altri manoscritti e in alcuni elementi di vestiario interi pervenuti sino ad oggi, specie mantelli o tuniche, in realtà la decorazione era molto più elaborata e non limitata a soli intrecci (fogli 19r, 20v, 21v del Vita Mathildis). Questa mancanza di dettagli si riscontra in vero anche in altri manoscritti carolingi, nei quali le figure nobili, ad eccezione dell’Imperatore, vengono rappresentati con decorazioni applicate esclusivamente lungo le bordure, mentre il resto è tinta unita, come nei testi della quali l’Evangeliario ed il Pericopio di Enrico II ed Enrico III e lo stesso vale per alcuni testi datati al primo quarto del XII secolo.
Figura 6 – Scena tratta dal Libro dei Giudici, AT, della Biblia Sancti Martialis Lemovicensis (XI secolo). Si notino le decorazioni degli abiti e dei tessuti, sia civili sia ecclesiastici e la decorazione dello scudo che ricorda molto alcune decorazioni romaniche così come sono riportate in alcune facciate di chiese del XI-XII secolo nel Nord Italia. Immagine tratta dalla Biblia Sancti Martialis Lemovicensis, Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Latin 8 (1), folio 91r [19]
Figura 7 – Scena tratta dall’AT della Biblia Sancti Petri Rodensis, datata tra X e XI secolo. La donna della scena indossa una lunga tunica con maniche dritte e larghe mentre il capo è coperto da una cuffia o un velo. Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Latin 6 (2), folio 5r [20]
Figura 8 – Scena tratta anch’essa dal libro che chiude i Salmi (Salmo 149). In questa miniatura tratta anch’essa dal secondo volume della Biblia Sancti Petri Rodensis, si vede il Re che indossa una tunica con galloni ai bordi e lungo il bordo del mantello, lo stesso abbigliamento rappresentato da Donizone nel Vita Mathildis. Il mantello maschile infatti viene portato sempre su una spalla come quello bizantino. Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Latin 6 (2), folio 63r [21]
Figura 9 – Scena posta inferiormente nel folio 63r del secondo volume della Biblia Sancti Petri Rodensis in cui compare anche una donna che indossa una tunica inferiore rossa, con maniche lunghe ed aderenti e una superiore verde con maniche corte e piuttosto larghe, prive di qualunque decorazione, mentre in capo reca un velo che viene avvolto dietro al collo. Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Latin 6 (2), folio 63r [22]
Solo perché un tessuto non viene rappresentato nel dettaglio in un manoscritto non significa che i tessuti reali non avessero decorazioni, non quando frammenti tessili della stessa epoca ma diversa origine geografica, testimoniano il contrario. Non è quindi errato supporre che tanto Matilde quanto le donne nobili del suo tempo vestissero più lussuosamente di quanto i manoscritti facciano intendere e non è errato supporre che i galloni che noi vediamo tanto semplici nei manoscritti, nella realtà non fossero tessuti in modo particolare o perfino ricamati e impreziositi con gemme cucite [23]. La decorazione dell’abito, specialmente la bordura ricamata con fili preziosi, distingueva nell’Alto Medioevo a partire dall’età merovingia e carolingia i nobili dal resto del popolo, oltre al fatto che gli abiti erano realizzati con tessuti più fini e preziosi dalla lana alla seta o al lino finissimo, quando non erano realizzati con una combinazione di lana e seta, lino-seta o lino-lana. La seta, specialmente i broccati, rimanevano una possibilità esclusiva della nobiltà più ricca, essendo i tessuti serici prodotti per lo più nei territori bizantini e musulmani ed importanti dai mercanti, anche se nel Mezzogiorno già nel XII secolo i musulmani aprivano i primi opifici serici, gli stessi che nel medesimo periodo produrranno il famoso mantello dell’Incoronazione di Ruggero II d’Altavilla, oggi custodito a Vienna presso il Kunsthistorisches Museum. Alcuni esemplari del X secolo, appartenuti ai membri della famiglia imperiale tedesca e pervenuti a noi oggi in buono stato di conservazione, anche per via di restauri e manutenzione eseguiti nel corso della storia, confermerebbero che il vestire nobile era all’insegna del lusso e non della semplicità. Tra questi esemplari si ricordano in particolare il Mantello delle Stelle di Enrico II, il Mantello di Santa Cunegonda custoditi a Bamberga e il Mantello di Stefano d’Ungheria, cognato di Enrico II. I mantelli di Bamberga sono datati agli inizi dell’anno Mille come tipo di lavorazione e decoro mentre il fondo, secondo gli esperti, è stato sostituito nel XVI secolo. La semplicità del vestire attribuita nei manoscritti e smentita in parte dai reperti archeologici non si spiega facilmente e non è da attribuire ad una scarsa capacità artistica dei miniatori né ad un preciso intento di richiamare la nobiltà alla sobrietà, contraria al lusso e all’eccesso. È più opportuno parlare di stilizzazione in questi casi [24], cosa che non avviene invece nella miniatura e nell’arte pittorica del Basso Medioevo, dove fin la trama del tessuto è talmente dettagliata da sembrare quasi una fotografia.
Già dalla seconda metà del XII secolo, però, la stilizzazione diminuì progressivamente e già nei manoscritti di fine secolo si possono già intravedere nei manoscritti tedeschi i primi preziosi dettagli, come accade nell’Evangeliario di Enrico il Leone.
Figura 10 – Matilde d'Inghilterra, figlia del re d'Inghilterra Enrico II Plantageneto (1133-1189) e della duchessa d'Aquitania Eleonora (1122-1204), sposò, nel 1168, il duca di Baviera e di Sassonia Enrico il Leone (1130-1195) [25]. Si noti l’abito di Matilde: una lunga tunica con ampie maniche che si allargano ampiamente verso il polso mentre il mantello, di un prezioso broccato rosso ed oro, la avvolge chiudendosi sul davanti ed è bordato di pelliccia (anche se non è chiarissima l’immagine). Lo stesso tipo di abito è indossato da una delle donne presenti sullo sfondo. In testa veniva poi indossato un candido velo di forma semicircolare, che poteva anch’esso essere ricamato, mentre i capelli erano raccolti in una cuffia con soggolo o acconciati secondo la moda del tempo, ma mai lasciati sciolti. Questo tipo di miniatura testimonia un notevole cambiamento del modo di rappresentare le persone e il costume, rispetto ai manoscritti antecedenti la seconda metà del XII secolo. L’immagine è tratta dall’Evangeliario di Enrico il Leone, Herzog August Bibliothek, Cod. Guelf. 105 Noviss. 2°, folio 171v [26].
Quanto al taglio degli abiti femminili sia il Vita Mathildis sia gli altri manoscritti contemporanei e alcuni successivi come il Passionale, pars aestivalis (Cod.bibl.fol.56) della Württembergische Landesbibliothek Stuttgart, anche nelle miniature più semplici, mostrano soprattutto verso il XII secolo, un taglio semplice ma caratterizzato da una gonna abbastanza ampia e con maniche lunghe che si allargano abbondantemente verso il polso lasciando intravedere la sottoveste che era invece aderente alla pelle e in genere di colore diverso. Il Vita Mathildis, non va dimenticato, è un manoscritto del XII secolo [27], seppure degli inizi del XII secolo e mostra per lo più le caratteristiche del costume che Donizone vide indosso a Matilde negli ultimi anni della sua vita e non avendo altri modelli cui attingere è probabile che abbia usato lo stesso identico stile per rappresentare anche le antenate della stessa. Il modello indossato da Matilde assomiglia molto al bliaut tipico della metà del XII secolo, di origine francese ma rispetto a quest’ultimo manca di alcune caratteristiche come il corpino aderente e arricciato intorno al seno e alla vita e che poteva essere anche indossato come elemento separato [28], così anche la scollatura dell’abito più larga nel bliaut è invece più piccola nei modelli tra XI e XII secolo. Oltre alle maniche ed alla scollatura, in epoca altomedievale era diffusa la tendenza a decorare anche l’orlo della gonna e i galloni (le strisce decorative) potevano arrivare a misurare fino a 10 cm nella parte alta della manica (nei modelli che seguivano le influenze bizantine) mentre nell’orlo della manica erano solitamente molto più basse e così anche nel collo. Il gallone del bordo della gonna poteva arrivare ad essere anche molto alto, seppure quasi tutte le immagini che ci sono pervenute mostrano invece bordure della medesima altezza o altezze non troppo differenti in tutti i bordi del vestiario, mantelli inclusi.
I mantelli erano semicircolari e molto ampi (fino a 3 metri di ampiezza per 150 di altezza) e bordati lungo il bordo con una striscia che poteva essere ricamata o impreziosita con gemme e pietre preziose e fili d’oro, mentre internamente in alcuni casi erano ricamati, se non tessuti, motivi geometrici o animali stilizzati o addirittura scene tratte dalla Bibbia e dai Vangeli. Quanto al modo di portare il mantello Donizone lo rappresenta come se fosse portato come la clamide lunga, o meglio ancora una palla bizantina, portata su una spalla [29], seppure le miniature non siano troppo chiare e in alcune il mantello appare invece aperto semplicemente ma pendente da una parte. In altri manoscritti, invece, e anche in alcune statue del XII secolo, già si vedono mantelli portati aperti sul davanti.
Figura 11 – La Vergine con Bambino in una miniatura a pagina intera del Passionale, pars aestivalis, Württembergische Landesbibliothek, Cod.bibl.fol.56, folio 15r [30]
Figura 12 – Modello di mantello semicircolare con bordura lungo il perimetro.
Figura 13 – Chiusura e portamento del mantello secondo il manoscritto di Donizone (fogli 7v e 30v). La parte blu scura è quella interna del mantello.
Figura 14 – Miniatura interna ad un capolettera del Passionale, pars aestivalis, Württembergische Landesbibliothek, Cod.bibl.fol.56, folio 30r [31]
Figura 15 - Miniatura tratta dal Passionale, pars hiemalis, Württembergische Landesbibliothek, Cod.bibl.fol.57, folio 4r [32]. La tunica presenta le maniche svasate con i bordi decorati da galloni mentre sotto si intravede la sottotunica aderente ed il mantello è aperto, portato in questo caso su una spalla ma senza alcuna allacciatura.
Figura 16 – Cristo e la Chiesa, rappresentazione simbolica nella Biblia latina vulgatae versionis cum prologis, Engelberg, Stiftsbibliothek, Cod. 4, folio 69v [33].
Figura 17 – Miniatura a pagina intera del manoscritto Latin 15675, Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, folio 2v [34]. Nella miniatura inferiore si vedono anche due modelli di tunica con tessuti broccati (il verde) e uno con trame geometriche (il grigio a sinistra. In testa non tutte le figure portano il velo o un copricapo e questo era assolutamente insolito in epoca medievale, mentre le lunghe acconciature sono tipiche dello stile normanno dei secoli XI e XII.
Figura 18 – Miniatura tratta da un manoscritto del XII secolo, secondo quarto. Ancora le maniche delle tuniche sono rappresentate larghe e ampie come all’inizio del secolo, anche se questi modelli sono molto più simili ai bliaut, più aderente in vita. Immagine tratta dal Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Latin 15675, folio 7v [35]
Figura 19 – Tre modelli di abito dei secoli XI e XII disegnati da Herbert Norris nel suo testo dedicato al costume medievale [36].
Infine, le acconciature dei secoli XI e XII sono relativamente semplici, se paragonate a quelle dei secoli XIV e XV quando in alcuni casi erano talmente grandi ed elaborate da essere quasi importabili. Mentre in Francia sembra diffuso inizialmente l’uso di un velo sotto il quale i capelli sono raccolti in due lunghissime trecce e avvolte da nastri, nel resto dell’Europa continentale si preferisce tenere il capo quasi sempre interamente coperto da un velo, di varia lunghezza (raramente lunghi fino a terra) e il mento cinto da una cuffia che si chiudeva dietro alla testa, a metà con delle fibule oppure da un soggolo, ossia una benda che cingeva il capo e il velo vi veniva fissato anche in questo caso con delle spille. Il soggolo sembra essere stato estremamente scomodo da portare tanto che nel corso del Medioevo si osserva la sua progressiva scomparsa nella moda nobile mentre rimase in vigore negli ordini monastici femminili. I veli e i soggoli,così come le cuffie nelle classi più agiate erano realizzati in seta o lino finissimo, mentre nei ceti più bassi era in lino grezzo e di trama ruvida o lana grossa nei mesi invernali. Nelle miniature del Vita Mathildis Donizone avrebbe rappresentato, secondo Rosita Levi Pisetzky [37], un modello di cuffia in uso già dall’epoca bizantina caratterizzata da due peduncoli che scendevano ai lati, ma in altri miniature dello stesso manoscritto e in quelle di altri manoscritti come quelli utilizzati nella ricerca storica effettuata per ricostruire un costume dell’epoca matildica, si è osservato che in realtà si tratta dei comunissimi veli, di forma rettangolare o semicircolare, i quali potevano essere all’epoca ricamati ai bordi e questo soprattutto nella nobiltà. Circa il colore del velo si è osservato che prevaleva l’uso del bianco o color naturale probabilmente in segno di sobrietà e umiltà o addirittura castità, intesa non come castità verginale ma continenza.
In altri casi il velo era molto ampio e veniva avvolto dietro le spalle, come testimoniato da alcune immagini dei manoscritti illustrati in questo articolo, mentre in altri casi ancora era usata per cingere il capo una corona, in metallo (solo nei ranghi più elevati) o in tessuto (e rinforzata internamente con cuoio). I copricapi di metallo e quelli in tessuto erano sottili e mentre i primi potevano essere incisi per le decorazioni od ornati con pietre preziose applicate, i secondi erano generalmente decorati con ricami.
A completare l’abbigliamento vi erano la cintura, in cuoio e molto lunga che veniva allacciata con un particolare nodo, elegante e usato sia dagli uomini sia dalle donne, la fibbia poteva essere poi abbellita e decorata, fatta anche in metalli preziosi per la nobiltà più ricca. Alla cintura era solitamente legata una scarsella, in cuoio o tessuto in cui era tenuto il denaro. Il mantello era invece chiuso con una fibula sola quando era portato sulla spalla e poteva essere in oro, anche decorato per la nobiltà (in metallo normale nelle classi inferiori) mentre in altri casi era rappresentato da due fibule di forma circolare o geometrica legate tra loro da cordoni o piccolissime catenine che servivano anche a mantenere una certa apertura del mantello per consentire il movimento.
Figura 20 – Fibula in bronzo con pietre preziose di fattura e provenienza irlandese del XI secolo. Il manufatto è conservato presso il © Metropolitan Museum of Art di New York [38]
Figura 21 – Fibula in argento decorata con cabochons e vetro datata al IX secolo, di origine scozzese. Il manufatto è conservato presso il © Metropolitan Museum of Art di New York [39]
Figura 22 – Spilla in oro di provenienza e fattura tedesca, datata alla metà del XII secolo, in oro finemente decorato. Il manufatto è custodito presso il © Victoria & Albert Museum [40]
Figura 23 – Collana in oro con motivi geometrici e animali, di origine ucraina, Kiev datata ai secoli XI-XII. Il manufatto è conservato presso il © Metropolitan Museum of Art di New York [41]
Figura 24 – Le collane della stessa serie dell’immagine precedente, anche queste sono conservate presso il © Metropolitan Museum of Art di New York [42]
Infine le calzature erano relativamente semplici ed erano ancora in uso le calze suolate con il cuoio, anche se in altri casi si vedono delle calze lunghe e le scarpe erano indossate separatamente, realizzate anch’esse in cuoio e foderate internamente di pelliccia nei mesi invernali e solo nelle classi più ricche.
Figura 25 – Calzature di vario tipo, anche ricamate in tessuto, del XI secolo, disegnate da Herbert Norris nel suo testo dedicato al costume medievale [43].
Nella moda femminile i gioielli occupano un posto speciale, ma anche qui era generalmente la nobiltà ad indossarli, e nelle donne anelli e orecchini sono i più diffusi, specie piccoli pendenti in oro impreziositi da gemme e filigrane. I reperti d’oreficeria pervenuti ad oggi sono quasi tutti di origine orientale, specie egiziana e di fattura araba o bizantina, mentre in altri casi sono sopravvissuti anche esemplari dell’età longobarda (e quindi più vicini come origine geografica e temporale a Matilde).
Figura 26 – Orecchini in oro, pendenti di fattura islamica, datati al XI secolo di provenienza siriana. Il manufatto è conservato presso il © Metropolitan Museum of Art di New York [44]
Figura 27 – Pendenti in oro misto a ferro, con pietre chiare e maculate in verde e azzurro (probabilmente rame ossidato). Orecchini di fattura islamica e provenienza iraniana, regione del Gurgan, datati al XII secolo. Il manufatto è conservato presso il © Metropolitan Museum of Art di New York [45]
Figura 28 – Anello circolare in oro, di fattura semplice, bizantina e datato al XI secolo. L’anello misura diam. 1.7 x .4 cm. Il manufatto è conservato presso il © Metropolitan Museum of Art di New York [46]
Il costume completo
Il costume qui proposto riproduce fedelmente il modello di abito femminile del periodo tra XI e XII secolo ed è stato rispettato il rigore storico sia nella scelta del taglio sia nella scelta dei colori e delle decorazioni. La scelta dei colori, rosso e azzurro è stata fatta, inoltre, anche rispettando sia i modelli proposti dal Vita Mathildis (fogli 19r e 21r [47]) ma anche nel preciso intento di richiamare i colori della Contrada, per la quale questo costume è destinato a sfilare, Maestà della Battaglia (Quattro Castella, RE).
L’abito ha corpino abbastanza dritto e largo nella parte superiore con una gonna abbastanza svasata ma non eccessivamente; la scollatura è tonda e non troppo ampia mentre le maniche sono lunghe e svasate e caratterizzate da una parte dritta ad altezza dell’avambraccio che in alcuni modelli dei secoli XI e XII era bordata o decorata con ricami, come nel costume bizantino che mantenne questa caratteristica ancora nel XIII secolo. L’abito è stato realizzato con tessuto rosso e bordato sul collo, ad altezza dell’avambraccio e lungo gli orli di maniche e gonna con passamaneria in oro fino, alta 2 cm. La passamaneria riproduce il classico motivo che si ritrova in molte decorazioni scultoree dell’arte romanica e decorazioni simili si ritrovano anche negli archi di alcune pagine miniate dei manoscritti dei secoli dal VIII al XII.
Figura 29 – Decorazione degli archi tratta da una delle prime pagine della Bibbia di Vivien, di Carlo il Calvo, IX sec. prodotto dallo scriptorium dell’Abbazia di Tours. Bibliothèque nationale de France, Département des Manuscrits, Latin 1, folio 9v [48]
Figura 30 – Decorazione del bordo pagina del foglio 9v della Bibbia di Vivien. Bibliothèque nationale de France, Département des Manuscrits, Latin 1, folio 9v [49]
Figura 31 – Decorazione scultorea dell’archivolto dell’Abbazia di Santa Fede di Cavagnolo (TO), XII secolo.
Figura 32 – La bordura in oro con motivi geometrici che si ripetono in giochi di luci e simmetrie. Dettaglio della bordura del mantello.
Figura 33 – Schema del costume storico, bozzetto stilizzato realizzato a computer.
Figura 34 – Il costume alla fine dell’assemblaggio, realizzato a macchina, mentre alcune rifiniture interne del collo e delle maniche sono state realizzate internamente a mano [50].
Figura 35- Dettagli durante la lavorazione del collo con applicazione della bordura in oro.
Figura 36 – Dettaglio della manica con bordura durante la finitura dell’orlo. La punta è stata rifinita a mano con filo in seta.
Figura 37 – Fasi finali della lavorazione del costume, prima della rimozione delle imbastiture. La bordura del collo è più alta di quella utilizzata in maniche e orli della gonna, anche se la differenza è minima, ma è stato necessario al fine di realizzare una decorazione filologicamente coerente con i modelli dell’epoca.
Figura 38 – Dettaglio della manica
Figura 39 – L’abito finito, con bordure in oro lungo tutti i bordi.
Per la realizzazione del mantello è stato invece utilizzato un tessuto azzurro [51] e il mantello ha forma semicircolare allungata (il semicerchio non ha scollature ma è dritto e include una banda di circa 25 cm che in passato era talvolta utilizzata per applicarvi dei ricami, i quali scendevano poi sul davanti e corrispondevano all’apertura). Il mantello misura 2.80 metri di ampiezza per la metà in altezza ed è interamente bordato in oro, non foderato e rifinito internamente con raso, per creare un orlo fine e discreto. La bordura in oro che corrisponde ai due lati della chiusura del mantello, cioè la parte più alta è alta 3 cm come quella usata per lo scollo e il bordo della parte alta della manica, mentre la semicirconferenza è stata coperta con bordura di 2 cm. Il mantello viene chiuso con il sistema della fibula doppia, rotonda in oro con catenina doppia.
Figura 40 – Schema del mantello realizzato a computer [52].
Figura 41 – La rifinitura interna con raso che conferisce al mantello un rinforzo, in assenza di fodera. L’applicazione della bordura oro è stata fatta intervallando le cuciture della bordura stessa con lo sbieco in raso interno.
Figura 42 – Imbastitura della bordura dritto e rovescio.
Figura 43 – Mantello completo visto da dietro, con la bordura oro più sottile a filo del margine, mentre sul davanti l’apertura la bordura è più alta.
Figura 44 – Dettagli del mantello, visto da dietro.
Figura 45 – Dettagli dell’orlo del mantello.
Figura 46 – Dettagli preziosi del mantello, la parte dell’apertura con bordo in oro di 3 cm a trama geometrica che si ripete.
Figura 47 – Dettagli preziosi, gli angoli del mantello dove le due bordure si incrociano in modo armonico come se fosse un unico bordo.
Il copricapo di questo costume è composto da due elementi: velo e corona. La corona è stata realizzata in tessuto rosso, da richiamare il colore dell’abito e abbinarsi allo stesso, è una corona circolare internamente rinforzata in pelle e decorata esternamente con la bordura oro alta, utilizzata sia nello scollo e nelle maniche sia nell’apertura del mantello, mentre il velo è in tessuto leggero bianco, di forma semicircolare senza decorazioni, ma con semplice bordino in filo d’oro ricamata.
Figura 48 – Schema della corona stilizzato e realizzato al computer.
Figura 49 – Copricapo con velo, prima dell’applicazione della bordura, durante la sua realizzazione.
Figura 50 – Il copricapo con velo.
Figura 51 – Dettagli preziosi visti da vicino, il velo con bordino ricamato in filo d’oro e la corona decorata con la stessa bordura in oro spessa usata nel mantello e nell’abito.
In ultimo al costume è stata aggiunta una scarsella in tessuto, questa volta azzurro per richiamare il colore del mantello e bilanciare i colori di tutti gli elementi realizzati. Il sacchettino ha una coulisse interna di raso abbinato, dentro la quale è stata fatta passare una cordella in cuoio, mentre due bande di diverso spessore di bordo spesso in oro decorano il tessuto.
Figura 52 – Il sacchetto durante la realizzazione, la bordura in oro è stata rifinita in un secondo momento, a mano e con filo in seta, dopo la chiusura delle cuciture. I bordi della coulisse sono anch’essi rifiniti a mano con filo d’oro.
Figura 53 – Il sacchetto finito, misura poco più di 20x20 cm.
Figura 54 – Il sacchetto finito e chiuso.
Figura 55 – Schema del costume.
Figura 56 – Foto del costume completo.
Curiosità
Il costume è stato interamente progettato su misura, utilizzando un apposito programma di stilizzazione da noi realizzato e grazie a Photoshop è stato possibile realizzare un’anteprima dell’effetto finale con le bordure, che inizialmente prevedevano elementi diversi da quelli poi scelti e applicati sul tessuto. Dopo la progettazione a computer è stato realizzato il taglio dell’abito che comprende tunica, mantello, copricapo con velo e scarsella.
Questo costume sfilerà come costume nobiliare nella Contrada Maestà della Battaglia, di Quattro Castella (RE) in occasione del 50° Anniversario del Corteo Storico Matildico e IX Centenario dalla morte di Matilde di Canossa (1115 – 2015).
Fonti bibliografiche
Libri
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- Evangeliario di Lorsch – Noto anche come Codex Aureus di Lorsch, il manoscritto fa parte di una serie di testi appartenuti in epoca medievale al Monastero di Lorsch dove risulta registrato dal 830 fino al XV secolo. Quando la biblioteca del monastero divenne proprietà del principe Ottheinrich del Palatinato nel XVI secolo fu accorpata a quella preesistente di Heidelberg Dopo che ne divenne proprietario nel XVII secolo il principe Massimiliano di Baviera il manoscritto fu diviso in due tre parti, una rimase a Roma ed è oggi conservata presso la Biblioteca Apostolica Vaticana mentre l’altra dopo alcuni passaggi giunse alla Biblioteca Naţională a României “Alba Iulia” dove si trova tutt’ora. Il pannello frontale in avorio, la cui immagine è stata riportata anche in questo articolo, invece è ospitato presso Victoria and Albert Museum e consultabile all’indirizzo: http://collections.vam.ac.uk/item/O113554/front-cover-of-the-lorsch-gospel-cover-unknown/. La parte con i Vangeli di Marco e Matteo dell’Evangeliario è il frammento ospitato in Romania presso la Biblioteca Nazionale della Romania (Biblioteca Naţională a României) di Bucarest e consultabile all’indirizzo: http://bibliotheca-laureshamensis-digital.de/view/bnr msrII1, il portale della Biblioteca dell'Università di Heidelberg. dove è anche possibile consultare tutto il manoscritto, compresa la seconda parte con i Vangeli di Luca e Giovanni di proprietà dello Stato del Vaticano. L’intero volume digitale, diviso nelle due parti, è consultabile online presso il sito della Biblioteca dell'Università di Heidelberg all’indirizzo: http://bibliotheca-laureshamensis-digital.de/view/lorscher evangeliar. I termini di utilizzo dei tre frammenti dipendono dai custodi attuali: solo il pannello e la prima parte dei Vangeli, quelli custoditi presso la Biblioteca Nazionale della Romania sono riproducibili solo ed esclusivamente per fini divulgativi, culturali non commerciali. Per quanto riguarda la Biblioteca Nazionale della Romania le immagini sono disponibili ai sensi del regolamento del Creative Common con licenza BY-NC-SA.
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- Evangeliario di Saint-Médard de Soissons – Bibliothèque nationale de France, Département des Manuscrits, Latin 8850 (Rif. http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8452550p)
- Evangeliario Harley MS 2821 – Si tratta di un manoscritto quasi anonimo datato al terzo quarto del XI secolo e realizzato probabilmente presso l’Abbazia di Echternach (da cui uscirono altri importanti manoscritti miniati in epoca precedente). Il manoscritto è attualmente ospitato presso la British Library di Londra, Harley MS 2821 (Rif. http://www.bl.uk/manuscripts/FullDisplay.aspx?ref=Harley MS 2821 e http://www.bl.uk/manuscripts/Viewer.aspx?ref=harley ms 2821 fs001r)
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- Perikopenbuch Heinrichs III – Universitätsbibliothek Bremen Ms. b. 21 (Immagini tratte da Wikipedia, copia digitale non disponibile con consultazione online. Rif. Perikopenbuch Heinrichs III - Bremen Stadtbibl. cod.B.21)
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- Sacramentarium Figiacense – Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Latin 2293 (Rif. http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8432468g)
- Vita Mathildis (Acta Comitissae Mathildis) di Donizone di Canossa – Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat.lat.4922 (Rif. http://digi.vatlib.it/view/MSS Vat.lat.4922/0101). Le immagini di questo manoscritto sono protette da copyright e pertanto non è stato possibile riprodurle.
- Vita s. Gregorii Magni/Regula pastoralis/Vita s. Nicolai Myrensis – Valenciennes - BM - ms. 0512 (Rif. http://www.enluminures.culture.fr/public/mistral/enlumine_fr?ACTION=CHERCHER&FIELD_98=ATTRIB&VALUE_98=%27Ma%EEtre%20de%20saint%20Gr%E9goire%27&DOM=All) Le immagini di questo manoscritto sono protette da copyright e pertanto non è stato possibile riprodurle.
Fonti e Reperti archeologici
- Mantello delle Stelle di Enrico II, XI secolo - http://medieval.webcon.net.au/extant heinrich ii sternenmantel.html
- Mantello di Santa Cunegonda - http://medieval.webcon.net.au/extant st kunigunde mantle.html
- Mantello di Santo Stefano d’Ungheria - http://medieval.webcon.net.au/extant_st_stephen_mantle.html
- Mantello dell’Incoronazione di Ruggero II di Sicilia - http://medieval.webcon.net.au/extant_roger_ii.html
- Tunica alba di Guglielmo di Sicilia - http://medieval.webcon.net.au/extant_alb_william_ii.html
Le immagini di frammenti tessili e reperti archeologici quali orecchini, collane e fibule sono stati tratti dai database del © Victoria & Albert Museum e del © Metropolitan Museum of Art di New York.
Note
[1] Nato probabilmente a Canossa e vissuto tra i secoli XI e XII, fu monaco benedettino del monastero di Sant'Apollonio di Canossa, in cui entrò verso il 1090 e del quale divenne successivamente abate. Durante il corso della sua vita compose alcuni scritti in latino, tra i quali ricordiamo l'Enarratio Genesis, opera in distici (368 versi), di carattere religioso, e la Vita Mathildis ("Vita di Matilde") o Acta Comitissae Mathildis ("Atti della contessa Matilde"), biografia della Grancontessa Matilde di Canossa (della quale fu amico e confessore personale), composta poco prima del 1115. Quest'ultimo poema, diviso in due libri, è ritenuto di ragguardevole importanza storica come fonte primaria sulla vita di Matilde, nonostante lo stile di Donizone sia piuttosto rozzo e incolto.
[2] Il codice originale è il Vat. 4922 e consultabile al link http://digi.vatlib.it/view/MSS Vat.lat.4922/0001 ma per ragioni di copyright non è possibile riprodurre alcuna miniatura dalla versione digitale del manoscritto.
[3] Si tratta di fonti che non parlano espressamente di Matilde, ma della famiglia imperiale e dei suoi vassalli con cui Matilde ebbe a che fare durante la Lotta alle investiture e nella lotta per la successione alla sua eredità come vedova di Goffredo il Gobbo, suo fratellastro e cugino. Matilde viene raramente nominata e talvolta non mancano commenti negativi, probabilmente perché le fonti tedesche filoimperiali all’epoca avevano da guadagnare nel dipingere la donna come una fellona. Al contrario, Donizone nel suo testo biografico ne fa quasi una santa, ma obiettivamente parlando il periodo canossiano non fu certo un periodo di gloria e di pace, indipendentemente dalla condotta della Margravia Matilde o di sua madre.
[4] I secoli XI e XII sono i secoli del trionfo dell’arte romanica, più che della miniatura ed è proprio l’arte romanica in questo caso a venire in aiuto quale tipologia di fonte artistica, per quanto concerne costumi e decorazioni, che saranno però descritti successivamente nella parte dedicata all’arte medievale e alle fonti artistiche dell’epoca.
[5] La costruzione di chiese e abbazie faceva parte della mentalità dell’epoca e i fini erano diversi, ma tutti strettamente legati alla religione ed alla fede più che a fornire degli scriptoria da cui uscissero codici miniati (questo accadeva durante la rinascita carolingia e solo in alcuni luoghi). La costruzione di chiese e abbazie era finanziata soprattutto dai nobili al fine di ottenere perdono e grazie per i propri defunti, ma anche per ottenere il proprio perdono dei peccati quando si era ancora in vita.
[6] La maggior parte dei manoscritti catalogati e datati al XI secolo sono greci e slavi, comunque orientali e alcuni presentano anche decorazioni, ma raramente sono miniati. In Europa invece si hanno diversi volumi miniati e si ricordano in particolare quelli germanici e franco-germanici come il Sacramentario de l’égl. de Verdun. che ha miniature nello stile dell’Evangeliario di Ottone III, ma è ospitato presso la BnF (Latin 18005) e sempre presso la BnF si ricordano l’Evangeliario dell’Abbazia di Senones (Latin 9392), la Biblia Sancti Martialis Lemovicensis altera (Latin 8), il Psalterium et hymnarium ad usum monasterii Sancti Dionysii (Latin 103), Sacramentarium Figiacense (Latin 2293), Missale benedictinum ad usum Trecensem (Latin 818), l’Evangeliario per differenti festività (Evangiles pour différentes fêtes, Latin 17325). In Germania invece si hanno: l’Apocalisse di Bamberga (Bamberg State Library, Msc.Bibl.14), il Pericopio di Enrico II (Bayerische Staatsbibliothek, Clm 4452) e l’Evangeliario di Ottone III (Bayerische Staatsbibliothek, Clm 4453), il Pericopio di Salzburg (Bayerische Staatsbibliothek, Clm 15713). Si ricorda anche qualche esemplare anglosassone tra cui un antico Esateuco anglosassone, ospite presso la British Library di Londra (Cotton MS Claudius B IV) e l’Evangeliario di Enrico II (Bamberg State Library, Msc. Bibl. 95) e ancora lo Uta Codex (Bayerische Staatsbibliothek, Clm 13601), l’Evangeliario del Duomo di Bamberga o Reichenau (Bayerische Staatsbibliothek, Clm 4454). Infine si ricordano il Salterio di Melisenda (British Library, Ms. Egerton 1139), il Salterio di Teodoro di fattura bizantina (British Library, Add.19352), il Sacramentario di Enrico II (Bayerische Staatsbibliothek, Clm 4456) e il Pericopio di Enrico III (Universitätsbibliothek Bremen Ms. b. 21).
[7] Anche quando si formarono i primi comuni liberi non vi fu comunque pace poiché si scagliavano ripetutamente uno contro l’altro per assicurarsi il dominio di una zona o di un’altra e vi era sempre il sistema feudale fondato su legami di parentela e giuramenti di fedeltà, a fungere da fondamenta della struttura dell’allora società. La realtà è più complicata, in vero, poiché la formazione e lo scioglimento di legami di parentela e vassallaggio (talvolta corrispondevano pur non essendo la stessa cosa) corrispondeva quasi sempre a decisioni di natura politica ed economica di privati, in genere famiglie.
[8] Donizone viene definito come verseggiatore rozzo e incolto, di scarse conoscenze classiche e che offre maggiore interesse come fonte storica seppure vi è da aggiungere che Donizone scrisse il libro quando ormai Matilde era vecchia, nei suoi ultimi anni di vita e dunque dovette rifarsi a fonti anteriori o a chi viveva da sempre con la contessa, per conoscere i dettagli o qualche cenno della sua infanzia.
[9] Perikopenbuch Heinrichs III - Bremen Stadtbibl. cod.B.21 - Wikipedia
[10] Carlo Magno. Un padre dell'Europa. Alessandro Barbero, Ed. Laterza, 2002
[11] Codex Aureus (Speyerer Evangeliar) - Wikipedia
[12] L’autore a cui si attribuiscono questi manoscritti sarebbe Ekkehard von Aura, come scritto anche nel sito della Parker Library e nella Staatsbibliothek di Berlino, Cod. Lat. 295.
[13] Sono stati utilizzati però anche manoscritti datati al primo quarto del XII secolo, specialmente quelli tedeschi e francesi, al fine di delineare più correttamente i modelli del costume femminile dell’epoca in cui visse Matilde di Canossa.
[14] Weltchronik des Ekkehard von Aura. Staatsbibliothek Berlin, Stiftung Preußischer Kulturbesitz, Cod. Lat. 295, fol. 99r
[15] I ritratti di Matilde di Canossa, intesi come dipinti, sono relativamente recenti e il più antico risale al XVI secolo ad opera di Paolo Farinati ed oggi custodito presso il Museo di Castelvecchio (VR) mentre quello del Castello di Bianello recentemente ristrutturato e inaugurato quest’anno (2015) è di Giuseppe Ugolini e risale al XIX secolo anche se ispirato come il ritratto rinascimentale a immagini femminili quattrocentesche poiché in entrambi i ritratti la donna indossa un modello di pellanda, in uso nel XV secolo e non nel XI.
[16] Quei pochi esemplari presenti, sono quasi sempre fotografati in bianco e nero, trattandosi di reperti trovati in epoca non troppo recente e in altri casi si tratta di fotografie realizzate all’epoca della scoperta e poi scannerizzate e messe disponibili online. Questo è un notevole svantaggio poiché non permette di individuare i colori dei tessuti e la trama.
[17] http://collections.vam.ac.uk/item/O84931/woven-silk-unknown/
[18] http://www.metmuseum.org/collection/the-collection-online/search/468062
[19] Biblia Sancti Martialis Lemovicensis, Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Latin 8 (1) - http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b85410155/f187.highres
[20] Biblia Sancti Petri Rodensis. Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Latin 6 (2) - http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8538801s/f13.item
[21] Biblia Sancti Petri Rodensis. Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Latin 6 (2) - http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8538801s/f129.highres
[22] Biblia Sancti Petri Rodensis. Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Latin 6 (2) - http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8538801s/f129.highres
[23] Già all’epoca si usava cucire perle e pietre per ornare mantelli regali, imperiali o paramenti religiosi per importanti figure dei più alti livelli della gerarchia ecclesiastica. Esemplari di questo genere sono rappresentati dal Mantello dell’Incoronazione di Ruggero II, dalla Tunicella o dalamatica di Ruggero II e dalla dalmatica di Guglielmo.
[24] Nelle arti soprattutto figurative, la stilizzazione è la rappresentazione di un soggetto nei suoi soli tratti essenziali; le figure così rappresentate sono dette "stilizzate". A seconda del contesto, il termine "stilizzazione" può essere usato informalmente come sinonimo di "semplificazione", oppure in senso più specifico, per esempio riferendosi a un particolare stile di rappresentazione della realtà proprio di un determinato periodo storico, artista, movimento pittorico e così via.
[25] Al tempo del loro matrimonio Enrico il Leone era uno dei più ferventi sostenitori dell'imperatore Federico Barbarossa, tuttavia nel 1182 una diatriba fra il marito e l'imperatore li obbligherà a lasciare la Germania per trovare riparo in Normandia. L'esilio dura fino al 1185, tuttavia per suo marito si ripeterà ancora nel 1189, i tentativi di Matilde di procurargli un modo per ritornare sono stroncati dalla sua morte avvenuta quello stesso anno, quando aveva appena 33 anni.
[26] Evangeliario di Enrico il Leone, Herzog August Bibliothek, Cod. Guelf. 105 Noviss. 2° - http://diglib.hab.de/mss/105-noviss-2f/start.htm?image=171v
[27] Essendo Matilde vissuta più nel XI secolo che nel XII (morì infatti nel 1115), la gente tende a ricordarsi soprattutto la principale e più famosa miniatura del manoscritto di Donizone pensando che sia del XI secolo, ma in realtà non è così. Non si sa con esattezza quando Matilde conobbe Donizone e in che misura i due si conoscessero, anche se è certo che questo monaco benedettino fosse una figura molto vicina a Matilde e probabilmente la seguiva anche nei suoi spostamenti. La maggior parte delle fonti tende a sostenere che Donizone conobbe Matilde tra la fine del XI e gli inizi del XII secolo. Anche di Donizone purtroppo non si conoscono né nascita né data di morte o altri dettagli che permettano di capire se l’autore abbia conosciuto Matilde sin da giovane e quindi sia stato un testimone oculare degli eventi storici che ha poi scritto o se si sia piuttosto rifatto a fonti precedenti o addirittura testimonianze di chi visse sempre accanto a Matilde.
[28] Alcune statue presenti in alcune cattedrali del XII secolo mostrano un corpino aderente e staccato dal tessuto della tunica dalle ampie maniche.
[29] (Pisetzky 1964)
[30] Passionale, pars aestivalis, Württembergische Landesbibliothek, Cod.bibl.fol.56, folio 15r - http://digital.wlb-stuttgart.de/sammlungen/sammlungsliste/werksansicht/?no cache=1&tx dlf[id]=432&tx dlf[page]=35
[31] Passionale, pars aestivalis, Württembergische Landesbibliothek, Cod.bibl.fol.56, folio 30r – http//digital.wlb-stuttgart.de/sammlungen/sammlungsliste/werksansicht/?no cache=1&tx dlf[id]=432&tx dlf[page]=67
[32] Passionale, pars hiemalis, Württembergische Landesbibliothek, Cod.bibl.fol.57, folio 4r – http://digital.wlb-stuttgart.de/sammlungen/sammlungsliste/werksansicht/?no cache=1&tx dlf[id]=1234&tx dlf[page]=13&cHash=431001eed260c1eb12a2d68a0d183c4a
[33] Biblia latina vulgatae versionis cum prologis, Engelberg, Stiftsbibliothek, Cod. 4, folio 69v - http://www.e-codices.unifr.ch/it/bke/0004/69v/0/Sequence-140
[34] Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Latin 15675, folio 2v – htp://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b84526716/f12.item.r=Latin%2015675
[35] Bibliothèque nationale de France, Département des manuscrits, Latin 15675, folio 7v - http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b84526716/f22.item.r=Latin%2015675
[36] (Norris, Medieval Costume and Fashion 1998)
[37] (Pisetzky 1964)
[38] http://www.metmuseum.org/collection/the-collection-online/search/463045
[39] http://www.metmuseum.org/collection/the-collection-online/search/463586
[40] http://collections.vam.ac.uk/item/O16630/breast-ornament-unknown/
[41] http://www.metmuseum.org/collection/the-collection-online/search/464555
[42] http://www.metmuseum.org/collection/the-collection-online/search/464555
[43] (Norris, Medieval Costume and Fashion 1998)
[44] http://www.metmuseum.org/collection/the-collection-online/search/452939
[45] http://www.metmuseum.org/collection/the-collection-online/search/451066
[46] http://www.metmuseum.org/collection/the-collection-online/search/473486
[47] Vita Mathildis (Acta Comitissae Mathildis) di Donizone di Canossa – Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat.lat.4922, 19r - http://digi.vatlib.it/view/MSS_Vat.lat.4922/0041 e http://digi.vatlib.it/view/MSS_Vat.lat.4922/0046
[48] Bibbia di Vivien. Bibliothèque nationale de France, Département des Manuscrits, Latin 1, folio 9v - http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8455903b/f26.item.r=charles%20le%20chauve
[49] Bibbia di Vivien. Bibliothèque nationale de France, Département des Manuscrits, Latin 1, folio 9v - http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8455903b/f26.item.r=charles%20le%20chauve
[50] Per ragioni di vestibilità e per garantire una buona conservazione oltre ad un duraturo utilizzo dell’abito, le cuciture sono state realizzate a macchina (doppia cucitura a taglia cuci, rifinita con punto dritto), con le migliori tecniche attuali.
[51] In araldica il blu non esiste e anche nelle tonalità più scure del blu, si parla sempre di azzurro.
[52] Inizialmente sia per la tunica sia per il mantello, la bordura più alta si era pensato di utilizzare bordure realizzate a telaio e con motivi sia geometrici sia di animali ma si trattava in questo caso di bordure con più colori (difficili da trovare) e in un secondo momento si è invece optato per utilizzare una ricca decorazione dorata, con un motivo più semplice ma comunque coerente con il tipo di decorazioni romaniche.
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